Ancora uno sbarco di immigrati. Ancora un barcone pieno di esseri umani alla deriva. Questa volta lo sbarco è sulla spiaggia di Ognina.
Prima ora del mattino di martedì 20 agosto e la strada che porta all'insenatura del golfetto di Ognina è bloccata da macchine della Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza ed ambulanza del 118.
Per terra seduti accanto al guard-rail cinque persone avvolte in panni scuri, i primi a toccare la terraferma. Ci sono tutti i rappresentanti delle Forze dell'ordine e c'è il magistrato di turno. Mancano solo gli uomini della Capitaneria di Porto perchè sono a mare a tentare disincagliare il barcone a pochi metri dalla costa o iniziare le operazioni di trasbordo degli immigrati.
Sembra tutto routine, anche la nostra attenzione verso una notizia che non fa più notizia.
Sono circa cento persone il “carico” di questo barcone; “molti i bambini e donne incinta - ci conferma un agente della Benemerita – soprattutto di nazionalità siriana ed egiziana”.
Sembra proprio un film già visto, tutto così ripetitivo nella nostra ottica ma dietro ad ogni sbarco ci sono uomini, pezzi di umanità in fuga. Dietro ognuno di essi – quelli di stanotte, di ieri, del ferragsto o di un mese fa - c'è una storia, una vita, e tutta la disperazone che li ha costretti rimettersi in gioco, ad attraversare il Mediterraneo a sbarcare verso lidi migliori per ricominciare daccapo altrove nella speranza che la vita conceda una seconda possibilità